La nostra storia
A Sestri Levante Guglielmo Marconi aveva pranzato anche al ristorante "Mira", che tuttora si affaccia sul lungomare della Baia di Ponente, a lato di Villa Balbi, ora adibita ad albergo, passata alla storia per aver ospitato nel 1714 la duchessa Elisabetta Farnese, sposa di Filippo V, durante il suo trasferimento dal Ducato di Parma alla Spagna. Attorno al "Mira", un locale da tempo famoso per i suoi piatti di pesce tutti all'insegna della tradizione marinara, della cucina familiare e quindi della genuinità, si avvicendano il presente ed i ricordi del passato. A rievocarli, in cerchio ad un tavolo della sala da pranzo dall'ampia vetrata, che si affaccia sul serpente d'asfalto con ai lati alte palme a pochi metri dal mare, sono Massimo Solari ed il cugino Pietro Lanzi, titolari del ristorante, e le rispettive mamme, Erica ed Ilia, le regine incontrastate dei fornelli della cucina considerata il "sancta sanctorum" della gastronomia sestrese.
Il "cioppin"
E' mamma Erica ad avviare la conversazione. Subito il discorso cade sul piatto più tradizionale, che nel locale viene preparato rispettando un'antica ricetta: il "cioppin", ossia la zuppa di pesce.
La sua preparazione, al "Mira", è un rito che si ripete dal tempo in cui Palmira, la nonna, verso la metà dell'Ottocentoaprì una piccola osteria con cucina a pochi passi dall'attuale. "Ho imparato a cucinarlo da mia madre e da mia zia Angiolina -dice Erica-. E' il nostro fiore all'occhiello.
"Il pesce deve essere necessariamente fresco. Tra l'altro ogni pescivendolo è in grado di indicare la qualità che meglio si addice ad una buona zuppa di pesce."
Nondimeno la cuoca sottolinea che "il prodotto ittico deve avere l'occhio vivace e lucido, il colore delle branchie di un bel rosso, la carne soda, perchè se è stato molto nel ghiaccio diventa frolla e morbida al tatto."
"Per una buona zuppa di pesce -continua mamma Erica- occorrono le galinelle, il capone, così chiamato per il grosso capo ricoperto da un rivestimento osseo, lo scorfano, la tracina, il pesce prete dalla pancia grossa. Ed ancora: la voracissima pescatrice dall'ampia bocca armata di denti ricurvi, il grongo grosso e piccolo. Questo pesce si differenzia dall'anguilla per la sua lunga pinna dorsale, per la sua grandezza e per la sua fortissima dentatura con la quale riesce a stritolare i crostacei.
"Nella preparazione del "cioppin" -prosegue la mamma di Massimo- una delle regole principali consiste nel tagliare a fette il pesce grosso e nel lasciare intatti quelli piccoli. Il tutto viene messo in un tegame per la cottura a fuoco lento, molto lento. Contemporaneamente -continua Erica- bisogna pensare al brodetto. Ma prima occorre soffriggere tanta cipolla, aglio; quindi aggiungere prezzemolo, sale, pepe e vino bianco. Poca acqua.
"Attenzione però -conclude la nostra cuoca-. Qualcuno sostiene che occorre aggiungere al tutto anche un poco di salsa di pomodoro. Non sono d'accordo. Noi non la mettiamo mai. Soprattutto perchè toglierebbe il sapore, in quanto il pesce deve sempre sapere di mare."
Con la spiegazione della ricetta del "cioppin" si alternano i ricordi del passato.
La pesca tradizionale
La Baia di Ponente è la rada in cui venivano ancorati i piccoli e grandi "leudi", i "gozzi" e quei grossi pescherecci a due o tre alberi, che i sestresi chiamavano "tranesi", perchè provenivano dal Meridione.
Ogni giorno la spiaggia era animata dai familiari, che attendevano il ritorno dei loro congiunti dalla pesca, dagli anziani pescatori che con serafica calma e nel massimo silenzio provvedevano al rammendo delle reti e dagli artigiani, che si dedicavano alla "calafatura", con catrame e pece, delle barche in riparazione. A loro volta gruppi di ragazzi giocavano rincorrendosi,lanciandosi sassi portati alla riva dalle onde del mare in burrasca oppure facendo "decollare", con l'aiuto della brezza marina, gli aquiloni.
Le donne, invece stendevano al sole biancheria fresca di bucato facendola penzolare da corde le cui estremità erano legate alle sponde di imbarcazioni in secco o a pali conficcati nella sabbia.
Non mancavano a questo appuntamento quotidiano le donne del "Mira", le quali sostavano sulla battigia in attesa di ritirare dai pescatori il frutto della pesca notturna. Una particolare fornitura riguardava le acciughe ed i bianchetti che, dopo essere stati puliti, cucinati e collocati in vasetti o tegami di terracotta, venivano spediti agli affezionati clienti che li avevano richiesti.
I piccoli pesci dalla squame argentate dopo essere stati puliti e privati della testa erano messi a strati sotto sale in un barile. "Ancor oggi -dice Ilia, la mamma di Pietro- noi ripetiamo questa tradizionale operazione avendo però l'accortezza di lasciare le acciughe nel sale per almeno un mese, al massimo quaranta giorni. Una nostra specialità sono le acciughe ripiene al forno e fritte".
I bianchetti
A sua volta mamma Erica rievocando i tempi della sua giovinezza descrive il metodo con il quale cucinava i bianchetti.
"Appena pescati i bianchetti venivano bolliti in un pentolone colmo di acqua salata. Quando i pesciolini affioravano, perchè già cotti, li raccoglievamo non con la schiumarola, l'utensile da cucina simile ad una paletta buccherellata che si usa per schiumare il brodo ed anche per togliere il fritto dall'olio bollente, ma con un cestinello di vimini.
"Quindi venivano stesi su di un telaietto munito di sbarre trasversali. Li tenevamo sotto controllo perchè non diventassero "preda" dei gatti che vi giravano attorno attirati dall'odore di pesce.
"Infine, buona parte di essi venivano messi in ceste dal coperchio di sacco, che io stessa cucivo. Poi i colli venivano trasportati con un carretto alla Stazione ferroviaria per essere spediti non a clienti della trattoria, ma a commercianti, prevalentemente droghieri di Milano, Alessandria, Torino ed Asti che ne avevano fatta ordinazione.
"I bianchetti noi li servivamo conditi con limone ed olio extra vergine della nostra splendida terra ligure".
La sala da pranzo del "Mira", dove ogni giorno si danno appuntamento gli amanti della buona cucina sestrese e ligure, è stata completamente ricostruita dopo i danni subiti durante i bombardamenti dell'ultima guerra.
Le linde pareti "macchiate" dalla grigia e scura arenaria dei capitelli, dalle colonne e da un caminetto, sono tappezzate di quadri a soggetto marinaro e di tabelloni che illustrano il patrimonio ittico del Golfo del Tigullio, preda ambita dei "lupi di mare".
I vini del "Mira"
Nel caldo locale arredato con gusto marinaro in un angolo s'impone all'attenzione del buongustaio ed intenditore o amatore di vini, un mobiletto che vuole essere una piccola enoteca. Vi sono esposti prevalentemente vini ottenuti da vigneti coltivati nelle diverse zone di produzione dell'entroterra della Riviera Ligure di Levante.
I vini sono stati accuratamente scelti dal "sommelier" della casa, Pietro -che però non indossa più, come era di rigore un tempo, il grembiulone nero di cuoi- affinchè possano sposarsi con gli antipasti di mare caldi, con i muscoli alla marinara, con le grigliate di diverse specie di pesci, con i moscardini affogati, con l'orata al cartoccio, con il nasello alla "Mira", la cui ricetta è top secret.
Questi ed altri piatti vengono preparati dalle due mamme, Erica ed Ilia, con la stessa cura e con la stessa "arte" con cui il pittore sceglie e mescola i colori della tavolozza.
Gli ingredienti della cucina tradizionale
Al "Mira" il fuoco dei fornelli viene acceso di prima mattina e la cucina per tutto l'arco della giornata è invasa dal miscuglio di odori, di spicchi d'aglio, di piantine di basilico, di rosmarino, di altre erbe aromatiche e naturalmente e soprattutto di pesce. Un altro angolo della sala è riservato al banchetto dei formaggi e dell'olio d'oliva e delle diverse qualità di aceto invecchiato in botti di rovere in aziende vinicole liguri. Il tutto, per insaporare le verdure, sempre fresche di giornata, provenienti dalle ortaglie dell'entroterra.
Nel condire le insalate, Massimo, il "manager" del ristorante-hotel, di volta in volta illustra agli ospiti le caratteristiche e le proprietà organolettiche dell'olio d'oliva.
Spesso invita i clienti ad assistere alla spremitura delle olive presso un vecchio frantoio situato nella vicina frazione di San Bernardo, fra estesi campi di olivi e vigneti, quasi a ridosso della piccola e ultrasecolare chiesa un tempo dedicata a San Quirico. Qui il "frutto" viene "franto" subito dopo il raccolto allo scopo di mantenere inalterati sia il suo sapore sia il suo profumo.
Infine, al locale un personalissimo tocco viene dato da Cristiana, la giovane ed intraprendente figlia di Massimo, l'"hostess" che quotidianamente trasforma, con grande sensibilità e gusto, i tavoli in tante minuscole "serre" con composizioni di fiori, che raccoglie negli assolati prati di Sestri Levante o che provengono dagli ondulati terreni adiacenti il "Vecchio mulino", la casa paterna di Varese Ligure. L'antico edificio si specchia nel torrente Crovana a pochi metri dal cinquecentesco ponte ad un'unica arcata, che scavalca l'affluente del Vara.
Intorno agli stessi tavoli imbanditi, insieme al padre ed a Pietro, Cristiana si avvicenda proponendo,con la cortesia e la competenza che la contraddistinguono, i prelibati piatti del "Mira".
L'antica osteria
Il salone del ristorante, prima della sua ristrutturazione, avvenuta al termine del conflitto bellico, era la cucina dell'allora osteria-trattoria che i nonni di Erica avevano ricavato dagli ambienti del piano terreno della casa acquistata nel 1923. "La casa era divisa, c'era la scala -dice ancora la mamma di Massimo-; poi una saletta con sei-sette tavoli e di qua l'osteria per vendere il vino. Nel sottoscala c'erano le botti. Il vino lo acquistava lo zio Giacomo all'Isola d'Elba trasportandolo a Sestri con il "leudo" di sua proprietà, battezzato "Giovanna".
Ed ancora: "Una tenda divideva il locale: da una parte il banco per la mescita del vino, dall'altra la cucina. Quest'ultima aveva le pareti rivestite di legno; sui ripiani erano sistemati tegami, pentole, mestoli, padelle, tutte in rame.
Il menù veniva preparato di settimana in settimana. Oltre essere affisso alla porta d'entrata era anche stampato e pubblicizzato con volantini. Eccone un esemplare: "Trattoria Mira - Locanda di Bo Palmira - Viale Rimembranze 5 -à Sestri Levante -. Ed a lato: Lunedì: Bagnun de anciöe; Martedì: Menestron zeneize; Mercoledì: Anciöe pinn-e; Giovedì: Trenette cö-ö pesto; Venerdì: Trippe a-a sestreize; Sabato: Stöcchefisce; Domenica: Cioppin".
L'antica ricetta delle trippe
"La trippe a -a sestreize -continua l'instancabile Erica- la facciamo ancora come ai tempi della nonna Palmira. La comperiamo già bollita; la più buona è quella che noi chiamiamo centopelle, perchè è tutta frastagliata e bianca.
"Dopo averla nuovamente lavata nell'acqua preparo il soffritto con cipolla, aglio e prezzemolo, carote, sedano e pomodoro. Quando tutto è pronto metto nel tegame la trippa aggiungendovi un pò d'acqua, affinchè possa essere servita né brodosa né asciutta. Infine una manciata di formaggio parmigiano per dare all'insieme maggiore sapore.
"Oltre ad essere gustosa questa pietanza ha qualcosa di gioioso, perchè lega con una quantità di odori, profumi piacevoli all'olfatto, di sapori gradevoli al palato".
Al "Mira" l'arte culinaria trova la sua massima espressione anche nella preparazione dei primi piatti. Tra questi, oltre alle trenette "cö-ö pesto", è d'obbligo segnalare per la loro delicatezza gli "spaghetti alla Mira" e i "corzetti". Ma nella scelta non bisogna tralasciare il "risotto alla marinara", il minestrone con le verdure, il pesto ed i pansotti.
Visitatori illustri
I "quttro" del "Mira", Erica ed Ilia, Massimo e Pietro, sono una fonte inesauribile di ricordi, di aneddoti. Una fitta clientela ha sostato al "Mira": oltre a Marconi, attori, giornalisti, industriali, cantanti lirici, della radio, della televisione, personaggi illustri e sconosciuti, turisti non solo italiani." Govi -racconta Erica- mangiava lì fuori, sulla veranda. Mi ha lasciato un disegno con dedica.
"Veniva da noi anche Rossano Brazzi", l'attore italiano più famoso negli Stati Uniti, dove aveva interpretato oltre duecento film.
"Pininfarina, allora presidente della Confindustria, ci ha lasciato un biglietto con scritto di suo pugno "Da "Mira" si mangia sempre benissimo! Vale il viaggio". Il biglietto da visita è datato "9-VII-88". E ancora: il senatore a vita Carlo Bo, Rex Harrison, Michele Morgan, Marcello Mastroianni, Nicolò Carosio, Gerry Scotti, il tenore Giuseppe Lugo, il soprano Alida Maliponte, Giorgio Gaber, Paolo Conte, Diego Abbatantuono, Walter Chiari, Enzo Tortora, Achille Compagnoni, lo scalatore del K2. Un lungo elenco.
"Rammento -aggiunge ancora mamma Erica- quando è arrivato Onassis, accompagnato dalla sua prima moglie, Cristina. Proveniva da Riova Trigoso dove si stavano costruendo navi per la Grecia.
"Quando ha appoggiato la mano sulla maniglia della porta d'ingresso, me lo ricordo come fosse adesso, vedendo una grande tavolata attorno alla quale si trovavano alti ufficiali che aveva incontrato poco prima nel cantiere navale, si è seduto in un'altra stanzetta dove ha poi mangiato "spaghetti alla marinara" ed un fritto misto di pesce. Un pranzetto all'insegna della riservatezza e della velocità. Gli altri commensali non si sono accorti della sua presenza. Anche il principe Alliata era nostro cliente. Aveva uno yacht bellissimo, un due alberi."
Il "Mira" è stato ed è "traguardo" di campioni dello sport, particolarmente del mondo delle due ruote. Alcuni nomi: Coppi, Moser, il "patron" del "Giro d'Italia", Castellano, Berzin, vincitore della "Rosa" del 1994. "E' proprio qui, tra un piatto di "trenette al pesto", quel pesto a base di basilico a piccole foglie, aglio, olio extra vergine, pinoli e parmigiano ed il "cioppin" che due anni orsono -ricorda Massimo- era nata l'idea di fare ancora una volta di Sestri Levante una tappa del "77° Giro d'Italia", com'era avvenuto negli anni 1960 e 1962".
Rievocando quelle due edizioni della "Corsa Rosa", lo sportivissimo "manager della gastronomia" è sempre orgoglioso di mostrare ai suoi clienti i "guidoncini" di diverse edizioni del "Giro d'Italia" e le targhe di altre manifestazioni sportive. Riferendosi alle due tappe, rispettivamente la Carrara-Sestri Levante (di Km. 171) e la Salsomaggiore-Sestri Levante (di km. 158), rammenta che furono vinte la prima da Gastone Nencini e la seconda dal ligure di adozione Graziano Battistini, vincitore della tappa e nuova "maglia rosa".
Lo striscione d'arrivo si trovava sul lungomare della Baia di Ponente, poco distante dal ristorante hotel "Mira".
"Purtroppo -commenta con rammarico Massimo- l'iniziativa di avere il "Giro" nel maggio - giugno del 1994 è sfumata all'ultimo momento per il trasferimento a tre chilometri da Sestri Levante, a Lavagna.
"Ma non c'è due senza tre -conclude il "fanatico di ciclismo"-. Mi auguro quindi che Sestri Levante possa nuovamente ed al più presto diventare città di tappa di quel leggendario "Giro d'Italia", che già nel maggio del 1910 transitò per la prima volta in Liguria con la tappa Firenze - Genova (di Km. 262,5) vinta da Luigi Ganna".
La pasticceria
Un altro "hobby", se così lo possiamo definire, si aggiunge all'impegno creativo ed al successo delle "ladies" della cucina del "Mira": la pasticceria. Perchè al "Mira" il pranzo deve necessariamente concludersi con il "dolce fatto in casa" da una delle due cuoche, Ilia. La scelta non manca. Ottima la crostata di ricotta, di limone, di marmellata, di mele, di mandorle.
Ecco la ricetta della cuoca-pasticciera per la torta di ricotta: "Dopo aver abbondantemente unto la teglia con il burro, la si riveste con una sfoglia di pastafrolla sulla quale si versa un composto di ricotta, uvetta, pinoli, zucchero e uova. Messa in forno, il calore deve essere moderatissimo; dopo quarantacinque minuti la torta potrà essere servita in tavola.
"Dai clienti -continua mamma Ilia che con la cognata, Mamma Erica, regna nella cucina del "Mira"- è sempre stato giudicato un dolce squisito".
Dall'antipasto al dolce è un susseguirsi di portate all'insegna di una cucina tradizionale sestrese e ligure; come scrisse Pininfarina, una sosta d'obbligo per gli amanti della buona cucina.